Vorrei raccontarvi una storia. Non è un racconto di fantasia ma una storia vera, divertentemente vera. Guido è un mio amico e mi ha fatto una confessione: la moglie Donatella è molto gelosa di … Siri.
Siri è quella voce femminile che sugli Iphone risolve, chiama, delucida , e informa su tutto, dai ristoranti vegani e crudisti agli orari delle chiese cattoliche e protestanti e dei templi buddhisti. Beh, Donatella è gelosa di Siri, anzi fortemente gelosa. Sostiene infatti che Siri, quando parla con il marito, ha un tono di voce accattivante e suadente e rapidamente soddisfa ogni sua richiesta: in sostanza secondo lei ci prova. Non solo, ma è anche convinta che quando ci parla lei è scontrosa, sgarbata con un tono di voce di almeno una ottava superiore a quando parla con il marito. Peraltro sostiene di non ricevere le informazioni richieste. Va detto, però, che quando lei chiede informazioni, ad esempio, sui ristoranti nelle vicinanze lo fa in maniera talmente complicata da mandare in tilt l’Intelligenza Artificiale che sta alla base del programma con tutti gli algoritmi annessi e connessi. Chiariamo subito Donatella ha una buona cultura, è inserita con successo nel mondo del lavoro, ha una laurea scientifica e due specializzazioni, è una persona che legge e si informa e non è assolutamente una persona che abbia dei problemi psicologici, o almeno non più di ognuno di noi. Purtroppo è gelosa. E questo non ha nulla a che fare né con l’intelligenza né con la cultura. I suoi sistemi di “riconoscimento del pericolo”, amigdala e il resto, le fanno percepire come allarmanti e sospetti i toni di Siri tanto da farle distorcere la percezione della realtà, come, ad esempio, pensare che il tono di voce sia diverso quando “parla” con lui rispetto a quando si interfaccia con lei.
Ho raccontato questa storia, con l’autorizzazione del marito, non per fare dell’umorismo ma perché mi sembra un esempio simpatico di come funziona il nostro cervello e dei rischi che a volte corriamo quando cerchiamo di dare un “senso” al mondo che ci circonda. Ora noi sappiamo bene, ne abbiamo parlato altre volte, che la Realtà, intesa come dati di esperienza incontrovertibili e condivisibili sia una mera illusione, una convenzione. Le neuroscienze, infatti, ci hanno insegnato che le informazioni che ci arrivano dal mondo esterno di fatto vengono proiettate nel nostro cervello che le elabora all’interno di una sorta di griglia coerente dove posizionare sensazioni, comportamenti e idee. Così se la mia griglia, per la mia storia personale, per esperienza, per idee o quant’altro, mi fa pensare che devo temere qualunque “voce femminile” rivolta al mio compagno, soprattutto se suadente e apparentemente sexy, allora anche Siri diventa una minaccia, o quanto meno un elemento di perturbazione, capace di obnubilare le mie facoltà critiche. E questo indipendentemente dal fatto che questa “voce” sia in realtà artificiale. Ma la Realtà, con la erre maiuscola, in effetti non esiste. Un esempio: provate a pensare al colore rosso. Questo rosso che state pensando in questo momento, pensate che esista veramente? Paradossalmente “quel rosso” a cui sto pensando e che considero una realtà univoca comune a tutti gli esseri umani e agli animali è una pura finzione, una convenzione per interagire con gli altri. Pensiamo che i gatti vedano il nostro rosso come lo vediamo noi, cioè non blu o verde? Forse si, ma non ne abbiamo certezza, come non abbiamo alcuna certezza del fatto che il “mio” rosso sia uguale al “rosso” di mia moglie. Il mio occhio percepisce come “rosso” una particolare frequenza della luce che viene etichettata dalla mia corteccia cerebrale come colore “rosso”. In sostanza, anche se può apparire strano, il mondo è quello che il mio cervello dice che è. Questa osservazione ci fa aprire un mondo di interrogativi, anche filosofici, sulla realtà. Anche nella vita quotidiana. Siamo sicuri, veramente sicuri, che il mondo vada come noi pensiamo stia andando? Oppure certi che quelli che noi riteniamo essere dati incontrovertibili, non siano scherzi della nostra mente che ci va vedere “rosso” quello che rosso non è? Forse interrogarci un po’ di più sulle idee e sui giudizi che diamo potrebbe farci scoprire che più che giudizi sono pre-giudizi a cui diamo credito per adattare la realtà alla nostra griglia mentale…. e che il mondo sta andando dove non pensavamo. Ancor di più se entriamo in un mondo ancora meno reale e più artificiale come la rete o i vari blog…anche questo. Non è forse il caso di tornare alla curiosità della mente da principiante che avevamo da bambini, quando smontavamo i giocattoli per scoprire come funzionavano senza dare nulla per scontato?