Perchè
Funziona

Perché funziona

Ora vorremmo affrontare il tema fondamentale del “perché funziona”. Ricordo che nella sezione stress abbiamo visto, per grandi linee, come diverse strutture cerebrali nello stress si influenzino a vicenda. Ora dobbiamo introdurre una panoramica su quello che è stata definita “neuroplasticità del cervello umano”, al fine di permettere una migliore comprensione. Con questo termine indichiamo la capacità posseduta dal cervello di modificare le proprie strutture in seguito all’esperienza.

Facciamo un esempio: se imparo a parlare una lingua straniera o a suonare uno strumento musicale, il cervello andrà incontro alla modificazione dei neuroni, le cellule cerebrali, e delle strutture del cervello che mi permetteranno alla fine a parlare l’inglese o a suonare il violino. È evidente che in questi esempi che abbiamo riportato le aree interessate non saranno le stesse di quello che abbiamo descritto per lo stress ma cambieranno in funzione del compito.

Ora, fino a qualche anno fa, si pensava che il numero dei neuroni non aumentasse nel corso della vita, ma che addirittura progressivamente diminuisse.

In effetti, si è visto che l’esperienza in generale determina sia la creazione di nuovi neuroni sia la modificazione della struttura delle aree cerebrali e la loro interconnessione. Per questo chi s’interessa d’invecchiamento, consiglia di imparare continuamente nuove abilità; proprio per ritardare il declino cerebrale legato alla perdita neuronale.

Possiamo dire con Siegle (2009) che “la mente stimola il cervello a creare la mente”. In sostanza è l’esperienza che facciamo, positiva o negativa che sia, a determinare come la nostra mente funziona.

È stato, infatti, dimostrato che le esperienze positive e negative hanno effetti opposti a livello cerebrale. Prendiamo il caso della Sindrome Post Traumatica da Stress (SPTS): si tratta dello stato di profonda sofferenza psicologica della persona che ha vissuto un’esperienza traumatizzante, quasi sempre con la minaccia vera o temuta della vita. È il caso di persone scampate a bombardamenti ed eventi bellici in generale, internamento in campi di concentramento, gravi incidenti aerei, a maltrattamenti o ad abusi, etc. In queste persone si assiste a modificazioni importanti dell’Amigdala sia in termine di volume sia di connessioni con altre aree cerebrali. Anche la psicoterapia, di qualunque orientamento sia, funziona nella misura in cui modifica in modo più o meno permanente le strutture del cervello.

Vediamo ora cosa succede a livello cerebrale con la Mindfulness. Possiamo dire, sintetizzando, che questa determina:

  • Attivazione della corteccia prefrontale (CPF)
  • Aumento volume e delle connessioni della CPF
  • Riduzione volume e connessioni Amigdala (A)
  • Riduzione dell’attivazione dell’A
  • Attivazione della corteccia anteriore del cingolo, altra area interessata nell’elaborazione delle emozioni e della minaccia percepita.
  • Attivazione del vago “intelligente” con migliore e più efficace prevenzione di una attivazione del sistema simpatico
  • Attivazione dell’insula

Da quanto abbiamo detto non stupisce gli effetti attesi del protocollo MBSR:

Ridotta vulnerabilità degli stati disforici (Ansia e Depressione): uno dei più importanti effetti della M è rappresentato dal minor “rimugginio” cui la mente va incontro. È proprio per la tendenza a vivere il momento presente che sarà più facile ridurre gli effetti della “mente scimmia” di cui abbiamo parlato. La mente sarà più calma e capace di verificare, attraverso un’analisi della realtà più obiettiva, la correttezza dei propri stati emotivi. Il depresso, ad esempio, ha la tendenza a dare della realtà una lettura sempre negativa e qualsiasi avvenimento positivo verrà letto in chiave negativa. Facciamo il caso che gli venga fatto un complimento. Il depresso penserà “ha detto così perché ha bisogno di un piacere” oppure “mi vede talmente brutto che pensa che ne abbia bisogno”. In sostanza “forzerà” la realtà ad accordarsi al suo stato interno depressivo.

Facciamo un altro esempio: un depresso o un ansioso incontrano una persona conosciuta che non la saluta. Subito scatta il rimugginio: il depresso: “ecco, vedi che ho ragione a pensare che nessuno mi considera? ”o l’ansioso“ Cosa gli ho fatto? Perché non mi saluta? Forse qualcuno gli ha detto cosa penso di lui e adesso lo andrà a dire al mio capoufficio che non mi darà la promozione che aspettavo!” Nessuno dei due considera l’ipotesi che forse chi non ha salutato era solo distratto. Questo effetto riverbera anche in altri ambiti come la defusione dai pensieri (vedi al punto successivo).

Disidentificazione /Defusione dai pensieri: Con questi termini intendiamo l’effetto della mindfulness su un fenomeno piuttosto comune anche nelle persone che non presentano alcun disturbo psicologico o da stress. Nella vita di tutti i giorni noi abbiamo un legame molto forte con i nostri pensieri, li “amiamo” molto e tendiamo ad identificarci con essi senza considerare che sono un prodotto della mente che a volte possono rappresentare proprio la causa del nostro malessere. E il caso della cosiddetta “profezia autoavverantesi”. Facciamo un esempio per chiarire. Immaginiamo di avere una persona che non si stima, che pensa di non essere amabile, nel senso che non può essere amata da nessuno. Una tale persona “ama” tanto questo pensiero che tenderà a mettere in atto tutti i comportamenti capaci di confermare tale assunto: sarà scortese (per paura di un eventuale rifiuto), rifiuterà un invito (per paura dell’insuccesso), etc. Il risultato finale sarà che questa persona sarà valutata come non amabile e di conseguenza la “profezia” troverà conferma. La M agisce proprio mettendo un certo distacco con le proprie idee considerando “questi pensieri non sono me”.

Miglior bilanciamento emotivo: La M., proprio attraverso una riduzione dell’attività dell’Amigdala porterà ad un maggior equilibrio tra attivazione e riduzione della risposta comportamentale messa in atto nel caso di emozioni disturbanti (paura, rabbia, etc) di cui possiamo essere ostaggi.

Maggiore accettazione: Uno degli effetti, confermati a livello scientifico, è la maggior accettazione di se stessi e quella che è stata definita autocompassione. In sostanza la M. determina una “pacificazione” non solo con le precedenti esperienze di vita negative permettendo una loro accettazione, ma anche con gli altri. Il vivere il momento presente ci “sgancia” dal passato, mettendo una distanza con avvenimenti passati ed evitando che questi ci determinino la sofferenza psicologica ad essi legati. Non si tratta di mettere in atto quello che in termini psicologici si chiama negazione: “non mi interessa” oppure “faccio finta che non sia successo”. Al contrario, nelle pratiche di consapevolezza, le esperienze negative, i traumi riaffiorano alla coscienza e vengono profondamente visti e “sanati”.

Maggior capacità d’identificazione dello stato del proprio corpo: La M. stimola l’azione dell’Insula e la capacità di osservazione del corpo, permettendo una sua verifica. Sarà più facile allora accorgerci di uno stato di tensione muscolare, eventuali altri effetti dello stress (accelerazione della frequenza cardiaca, etc.). Permetterà, infine, un monitoraggio del mio stato emotivo, del mio stato generale, le mie “condizioni meteo” dandoci la possibilità di accertare quali sono le situazioni che più sono in grado di provocarci effetti somatici.

Migliore percezione del contesto generale: La M permette una visione più ampia della realtà: è come se riuscissimo a tenere in considerazione anche aspetti che prima ci sfuggivano. Questa migliore e più chiara visione ci da gli strumenti per recupere risorse per affrontare i vari aspetti della vita in modo più efficace. Riusciamo a mettere in campo nuove e più creative strategie di soluzione dei problemi, tenendo anche in conto i vari aspetti emotivi.

 

Nuove alternative comportamentali: strettamente conseguenti al punto precedente sono gli aspetti relativi ad un bilanciamento tra modalità del fare e dell’essere di cui abbiamo già parlato in altra sede. Possiamo riuscire, inoltre, a mettere in atto comportamenti che non sono più il risultato rigido di vecchi atteggiamenti ormai disfunzionali, quanto nuove opzioni di comportamento più aderenti alle nuove situazioni. Possiamo così imparare, ad esempio, a rispondere e non a reagire alle situazioni stressanti; riuscendo a uscire da una reattività capace, di per se stessa, di rappresentare uno stressor. 

Più rapido ritorno ad una fase di riposo dopo lo stress: Come abbiamo visto è fondamentale, al pari della gazzella, ritornare ad una condizione di riposo. È in questa fase che il nostro corpo recupera le energie consumate nell’affrontare lo stressor, tutti i sistemi tornano in stand-by con una notevole discesa di tutti gli indici di attivazione dovuti allo stress.

Maggiore percezione di controllo interno: L’insieme di questi vari aspetti che siamo venuti tratteggiando sarà in grado di determinare un maggiore controllo interno e comportamentale. E’ in fondo la capacità che gli anglosassoni chiamano “mastery”: quella di padroneggiare le situazioni, a volte dolorose, cui la vita ci sottopone senza esserne ostaggi.

Kabat-Zinn, non a caso, ha definito la vita come “ L’enormità dell’esperienza con tutti i dolori, i lutti, le grandi crisi e la somma di tutte le cose, piccole e grandi, capaci di contrariarci. ….Il vivere momento per momento ci permette una completa appropriazione di ogni istante della nostra vita, buono o cattivo, bello o brutto, felice o infelice che sia. Questa è l’essenza del vivere consapevolmente“.

Dunque, se non possiamo fermare le onde del mare della vita, che a volte possono essere paurose, forse conviene imparare… il surf

 

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