Tanto, tanto tempo fa ho letto un libro:  “Parlami, ho tante cosa da dirti”. Purtroppo ricordo solo che si parlava di comunicazione all’interno della coppia, ma mi sembra che potrebbe essere una buona sintesi di come penso debbano essere i rapporti medico paziente. In fin dei conti anche la relazione medico paziente è, o dovrebbe essere, una relazione empatica.

Com’è che siamo arrivati al punto in cui siamo?

Cercherò di essere breve, anche se è una “mission impossible” (quasi) dato che parlare dell’oggi senza riferirsi a cosa c’era ieri  non permette di capire il futuro verso cui ci avviamo.

Una prima osservazione è che il rapporto m/p non ha mai percorso una strada lineare verso un successo radioso, dobbiamo immaginarla piuttosto come una strada piena di curve e tornanti; con una difficoltà de parte degli attori in questione, spesso, di accettare i cambiamenti. Non solo, possiamo dire, con Shorter, che il rapporto medico paziente  dipende dalla società in cui questo rapporto è radicato più che da caratteristiche intrinseche delle persone, anche se queste hanno comunque una loro valenza.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a profondi cambiamenti che hanno coinvolto la sede del potere all’interno della relazione, il concetto di responsabilità e, forse più di tutti, i modelli organizzativi. Nello scorrere della storia terremo presente questi aspetti. Dunque la relazione m/p deve contestualizzata tenendo conto delle strutture , dei conflitti, degli interessi politici, sociali ed economici coinvolti.

Per 2500 anni, e fino a pochi anni fa, l’etica medica è stata legata  all’antico detto “secondo Scienza e Coscienza” . Il medico ha le sue conoscenze e la sua coscienza e a queste unicamente risponde e possiamo citare, a conferma, uno scritto di R. De Castro che 1614 sosteneva “Come Dio governa il mondo ed il sovrano governa lo stato, così il medico governa il corpo umano” Dunque il medico agisce solo secondo i suoi parametri e dunque il parere del paziente non solo non è richiesto ma è anche ininfluente. Si tratta di una relazione sbilanciata e paternalistica: io so cosa è meglio per te. E’ evidente che questa modalità di relazione per noi oggi, sta diventando sempre più inconcepibile e inattuabile (per fortuna…)

Alla fine del 19° sec. il panorama sanitario prevedeva una sanità costituita da visite private ed essenzialmente domiciliari, perlopiù  in piccoli centri, dove la relazione m/p si costruiva lentamente. Gli ospedali sono “deposito” di malati, in genere poveri, lasciati soli. In questo quadro “ …. tutto quello che come medico potevo fare era: aggiustare ossa, cucire tagli e in fondo solo alleviare le sofferenze” (A Hertzler) . Ancora più tagliente G.B. Shaw che nella commedia del 1939 “il dilemma del medico” scrive “ ….presto il medico diventa capace di prescrivere acqua agli astemi, brandy agli ubriaconi, bistecche in una casa, dieta vegetariana in un’altra” Con queste premesse passiamo nel secolo scorso

Qui cominciano a delinearsi alcune linee di tendenza che in alcuni casi diventeranno sempre più forti. Comincia così a crearsi una “tensione” tra  necessità economiche del medico e necessità del paziente. Medici che cominciano a essere dipendenti da strutture economiche (ospedali, assicurazioni, etc). Si creano, dunque, facilmente dei conflitti tra fedeltà al  datore di lavoro e  fedeltà al paziente. In questo panorama la medicina si modernizza: sempre più spesso vengono applicati protocolli ai vari trattamenti, e si comincia a parlare di medicina basata sulle evidenze scientifiche. La medicina diventa iperspecializzata e basata sulla tecnologia ottenendo indubbiamente degli incredibili risultati in termine di miglioramento della quantità e della qualità di vita. Questo determina, però, un aumento delle aspettative da parte dell’utenza, aspettative che appaiono alcune volte irragionevoli. Il lato negativo è che la tecnologia che diventa sempre più il centro della relazione medico paziente. Contemporaneamente, però, si assiste prima in USA e successivamente in Europa alla nascita di associazioni di cittadini che cominciano a mettere in discussione questo modello di sanità. Basterebbe citare a libri come “Nemesi medica” di Illich che rappresentano la base di questi movimenti di opinione. Vengono così alla luce alcuni episodi che ebbero grande importanza su queste critiche. Mi riferisco a 22 casi di sperimentazione potenzialmente mortali senza consenso e diversi casi di mancato trattamento della sifilide in p. afroamericani a Cincinnati o messicani a S. Antonio pur in presenza di terapia antibiotica efficace.

In Italia nasce il movimento Medicina Democratica e il tribunale per i diritti dei malati (1980) e vengono pubblicati due libri che avrebbero avuto poi un grande impatto: “Lungo viaggio nel tunnel della malattia” di G. Ghirotti del 1975 e “Costellazione cancro” di V. Gorresio del 1976. Questi due libri mettevano in evidenza gli aspetti alienanti della sanità. Negli stessi anni nasce il Movimento federativo Democratico.

Pian piano si introducono nelle varie strutture sanitarie gli URP (Ufficio Relazione con il Pubblico) con l’intento di dare voce all’utenza dei servizi sanitari stessi. 

Può essere poi interessante vedere l’andamento nei rapporti CENSIS dal 1989 al 1998 e 2001. In questi si assiste a una serie di aspetti interessanti che possiamo così sintetizzare

 

 

In questo panorama assistiamo ad alcune “morti”; muore, che lo si voglia o meno, la dominanza medica cioè il ruolo principale del medico con la sua autoreferenzialità e nello stesso tempo muore il malato come soggetto passivo, che subisce le scelte altrui. Come sempre, insieme alla morti ci sono anche delle nascite: nasce una nuova autonomia dell’individuo che si basa, nelle sue scelte, sulle proprie convinzioni e sulla libera ricerca di informazioni: internet, gruppi di interesse, blog di pazienti, e la rete in generale. Nasce, o per meglio dire, rinasce la bioetica come quadro di riferimento di tutta la complessità delle scelte mediche. Nasce, soprattutto, quello che è stato definito il “relativismo etico”, in base al quale le scelte di tipo etico, basterebbe citare il problema de fine vita, dipendono da diverse prospettive, quasi sempre inconciliabili. DI questo parleremo più diffusamente in un prossimo post , perché lo ritengo un argomento molto interessante e utile per spiegare perché, a distanza di tanti anni, non si sia arrivati in Italia ad una legge sul fine vita e sulle problematiche ad essa legate. Nascono, ancor di più, i “nuovi pazienti” intesi non più come pazienti ma come clienti con dei bisogni da soddisfare. Così si spiegano la carta dei servizi sanitari del 1995, la “tutela dei diritti degli utenti” in ambito sanitario, e i già citati URP.

Dopo una fase, intorno agli anni ’90 in cui si cominciava a parlare di una spesa sanitaria ormai fuori controllo, oggi si parla di assessement e accountability. Due termini inglesi che in sostanza indicano la distribuzione delle risorse economiche e, soprattutto, introducono il concetto che chi paga lo stipendio del personale sanitario ha il diritto di vedere come i suoi soldi, le sue risorse vengono utilizzati….e magari si introducesse anche in altri settori questo concetto. Questo concetto sta alla base di fenomeni come l’Osservazione Nazionale esiti o le classifiche regolarmente pubblicate dai giornali, volte a indicare i medici e gli ospedali con il minor tasso di complicazioni o i vari centri di eccellenza sparsi per l’Italia.

Verso dove siamo diretti? Come è possibile “rifondare” una relazione di cui, volenti o nolenti, non possiamo fare a meno? Perché la malattia e la morte, comunque vadano le cose, sono realtà inevitabili e con cui dovremo fare i conti. Come fare perché una tale relazione sia veramente terapeutica e che permetta ai due protagonisti di essere appagati? Come portare e vivere la consapevolezza all’interno della relazione con il nostro medico?

Gli scenari che ci aspettano e una proposta al prossimo post.

“Le origini del conflitto senza precedenti che stiamo vivendo sono da ricercare nelle ben più profonde forze storiche di cui medici e pazienti sono inconsapevoli …. e ben poco dipendono da vizi e virtù private”. (Shorter 1985)

 

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