Il tema di questa settimana era, sintetizzando, la coscienza: dalla psicologia buddhista alle neuroscienze. Tema, indubbiamente, molto interessante dato che il tema della coscienza ha affascinato l’uomo da millenni: dai filosofi ai neurologi, agli studiosi di neuroscienze.

Tutti noi abbiamo una idea di cosa sia la coscienza, ma al momento di oggettivarla abbiamo difficoltà a definirne gli ambiti e cosa sia realmente. Ed è proprio la coscienza a cui il prof Raffone, neuroscienziato della Facoltà di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma, ha dedicato la trascorsa sessione di 3 giorni del Master dell’Università di Udine

Nelle varie sessioni l’attenzione è stata focalizzata sul concetto di coscienza nell’ottica nella psicologia buddhista e soprattutto da cosa questa è determinata. Il Buddhismo, nella sua  visione psicologica, ha dedicato molta attenzione ai diversi costituenti della coscienza. In questa ottica, peraltro confermata da studi recenti di neuroscienze, essa è determinata da una serie di azioni che avvengono a livello cerebrale. Il primo momento è rappresentato dalle sensazioni. Con questo termine identifichiamo le modificazioni che avvengono nel nostro cervello quando le informazioni, provenienti dal mondo esterno o interno, arrivano ad esso attraverso gli organi di senso: vista, gusto, tatto, udito etc. Il secondo momento è rappresentato dalle percezioni intese come la categorizzazione che la nostra mente fa di tali informazioni. Terzo momento è rappresentato dagli stati mentali ed emozioni che inevitabilmente si associano a questo processo. Facciamo un esempio: mentre sto leggendo il tatto mi informa che qualcosa si è posato sulla fronte (sensazioni) a cui la mente reagisce identificando nella mosca l’agente delle mie sensazioni (categorizzazione) a cui reagiamo con fastidio (stati mentali o emozioni). Ovviamente questo processo si applica a qualunque cosa arrivi alla nostra attenzione: una persona, un programma politico, una musica etc etc. Oppure dal mondo interno: un dolore, un’idea, un ricordo etc. La psicologia e le neuroscienze hanno posto in grande risalto proprio il portare la consapevolezza a questi meccanismi. In sostanza, sono le nostre valutazioni e le emozioni che ci tiriamo dietro a determinare il nostro disagio. Questo dato è molto vicino a quanto la psicologia cognitivo-comportamentale afferma. C’è un famoso racconto zen che dice: “Un uomo venne colpito da una freccia e ai suoi familiari che volevano togliergliela disse: non toglietemela! Prima di farlo voglio sapere da che distanza e da chi è stata lanciata, se la freccia se l’è costruita o se l’ha comprata, se l’ha comprata quanto l’ha pagata, di che materiale è fatta etc”. Ovviamente l’uomo colpito dalla freccia è morto. In quest’ottica va vista la frase “Il dolore è inevitabile, la sofferenza è opzionale”.

Questo processo è alla base della coscienza, processi di cui possiamo essere consapevoli o inconsapevoli. Basterebbe citare l’esperimento che ha coinvolto oltre 2000 persone che avevano dato la propria disponibilità ad essere contattate in qualunque momento della giornata. Durante la telefonata venivano fatte 3 domande: “cosa stati facendo” (erano previste 22 possibilità), “sei presente o stai vagando con la mente”, “sei felice”. Dalle risposte è stato possibile verificare che il 47% dei soggetti era inconsapevole o, per meglio dire, erano in modalità “mind wondering” una modalità di cui abbiamo già parlato. l dato interessante è che il livello di “felicità” era inversamente correlato con questa modalità, peraltro normale, della nostra mente. In sostanza più siamo tanto più felici quanto più siamo consapevoli.

Un secondo argomento trattato è stato quello relativo ai 3 sistemi intorno ai quali “gira” il nostro comportamento

Sistema Motivazionale

Sistema Consolatorio

Sistema di Allarme

Questi 3 sistemi sono in relazione tra loro e sono capaci di influenzarsi vicendevolmente anche se ognuno di questi si basa su una serie di centri diversi e con diversi neurotrasmettitori. Si tratta di sistemi estremamente potenti capaci di “guidare” e armonizzare i nostri comportamenti da quelli più semplici a quelli più complessi. Vediamoli brevemente.

Sistema Motivazionale: Questo sistema è alla base di una serie di attività che hanno nella soddisfazione  degli stimoli che determinano sia la motivazione che la ricompensa. Questi possono essere fisiologici come il cibo, il sesso, e l’acqua, o artificiali come il denaro, sostanze voluttuarie ad esempio gli stupefacenti o il tabacco, o elettrici come l’ascolto della musica. Questo sistema sovrintende, oltre al piacere, anche all’apprendimento. Tutte queste situazioni determinano contemporaneamente il rilascio di dopamina.

Sistema Consolatorio: Questo sistema governa quelle situazioni in cui di deve attivare una richiesta di sicurezza, (come nel bambino preso da una crisi di pianto) o di relazioni affettive  significative (come nell’innamoramento). Così il bambino separato dalla madre una volta che viene ad essa riunito avrà una attivazione di questo sistema. E’ il sistema alla base della ricerca di sicurezza. Contemporaneamente è attivo nell’innamoramento con l’invasione di sostanze come l’ossitocina o gli endocannabinoidi, sostanze simili alla cannabis prodotti a livello cerebrale. Non a caso questa condizione è stata definita molto simile ad una psicosi scatenata dai cannabinoidi di origine vegetale.

Sistema di Allarme: E’ il sistema “salva-vita” per antonomasia. E’ il sistema che continuamente controlla il mondo circostante per avvertirci se una minaccia è comparsa all’orizzonte. Che sia la furia del nostro superiore o l’avvicinarsi di un camion è sempre l’amigdala,  sede di questo sistema, ad attivarsi. Da qui partirà la cascata di avvenimenti che abbiamo già illustrato.

Evidentemente, si avrà un comportamento equilibrato quando tutti questi sistemi sono ben integrati. Dunque qualunque avvenimento determina un cattivo funzionamento di uno di questi sistemi avrà contemporaneamente una ricaduta sugli altri.  Facciamo un esempio, tratto dalla mia esperienza professionale.

Mario ha, per diverse esperienze di abbandono vissute, attivato modalità di comportamento di chiusura verso altre persone; arrivando al punto di vivere qualsiasi novità come una minaccia. Mario, per questo sistema di allarme iperattivato, è diventato refrattario a qualsiasi rapporto affettivo significativo. Naturalmente anche il sistema motivazionale ne ha risentito al punto di non avere, nel profondo, alcuna motivazione verso l’esplorazione dell’ambiente sociale.

E’ interessante notare, a questo proposito, che la Mindfulness si è dimostrata capace di migliorare, al pari della psicoterapia, l’integrazione dei vari sistemi. Possiamo dire, in un certo senso, che la Mindfulness si prende cura della mente.

Dice il Buddha “Lascia in ciò che  è visto solo quello che è visto, lascia in ciò che si è udito solo quello che è udito”.

 

 

 

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