Come avevo scritto in un precedente post, siamo in un tempo sospeso. Personalmente mi sento come un sasso lanciato verso l’alto immediatamente prima di cominciare a ricadere, in quell’attimo in cui la forza di gravità e la forza del lancio verso l’alto si equivalgono, annullandosi. Tempo sospeso, dunque, come un sasso in attesa di ricadere.

Nessuno è in grado, neppure con approssimazione, di predire quando si uscirà da questa situazione, quali altre emergenze, soprattutto economiche, dovremo affrontare, in che mondo ci troveremo a vivere, con quali tipi di relazioni affettive, amicali, lavorative, etc; quali valori e idee saranno spazzate via e su quali certezze ricostruiremo le nostre vite e il nostro futuro.  Anche le nostre società iperconnesse sono “sospese”, potranno virare verso un modello partecipato e, se vogliamo, comunitario in cui la persona si sente parte, soprattutto, responsabile, di una comunità. Oppure andare verso modelli più autoritari, più chiusi in cui badare solo alle proprie necessità, con “l’aiuto” di un uomo forte. La direzione che prenderemo, ne sono certo, dipenderanno dalle scelte di ognuno.

Il futuro dunque non è ancora nemmeno ipotizzabile e questo certamente accresce le nostre preoccupazioni e le nostre ansie. Anche se, a ben vedere, non è mai stato ipotizzabile e neppure controllabile anche in condizioni “normali”. Quelli della prevedibilità e del controllo sono una nostra illusione che ormai non alberga più in noi, cominciamo a prendere coscienza e consapevolezza della realtà nella sua instabilità e discontinuità. I tempi che viviamo hanno in parte dissolto questa illusione e questo contribuisce ad aumentare le nostre emozioni negative. Questo è lo scenario che ci troviamo a vivere, questa la realtà ineludibile e scomoda. Sì, scomoda, perché spesso viviamo con disagio questa presa di coscienza. Se da una parte questo esame di realtà aumenta il nostro grado di consapevolezza permettendoci di uscire da uno stadio quasi adolescenziale con i relativi sensi di onnipotenza, dall’altro ci consegna nudi e indifesi ad una realtà finalmente vista per come è.   Di fronte ad una nuova percezione della realtà e alle emozioni che questa suscita ci troviamo davanti ad una sfida, quella del confrontarci con le nostre emozioni.

Il termine emozione deriva dal latino e-movere (ex fuori movere muovere), dunque portare fuori, smuovere. Già nell’etimologia è presente l’idea del movimento da un dentro ad un fuori. Può essere interessante esaminare, ancor di più oggi per non cadere preda delle emozioni, cosa queste siano e soprattutto verificare a cosa servano prima di vedere come rapportarci con queste. Le esperienze emotive, semplificando,  sono potenti segnali che il sistema integrato corpo-mente registra come importanti e che ci informano di “come va il mondo” interno ed esterno rispetto alle nostre aspettative (gioia= tutto OK, Rabbia e tristezza=non va come vorrei, avverto una mancanza), di quali siano i rischi che stiamo per correre ( Paura= c’è una minaccia, Disgusto=c’è qualcosa di repellente), valutazione (sorpresa=c’è qualcosa di inatteso). Queste sei sono le emozioni cosiddette di base che sono innate e comuni a tutti gli uomini indipendentemente dalla cultura di riferimento. Tutte le emozioni presentano una cascata di eventi: c’è un primo momento in cui prendiamo coscienza del cambiamento nel mondo dentro e fuori di noi e lo confrontiamo con momenti simili ripescati nella memoria (torneremo su questo punto estremamente importante) un secondo in cui avviene l’attivazione fisiologica  dell’organismo ( variazioni nella frequenza cardiaca e e respiratoria, sudorazione, pallore, rossore, etc.), un terzo in cui utilizziamo le espressioni verbali (come definiamo quello che proviamo) e non verbali (espressioni del viso, la prosodia volume e tono, gesti, etc.) per comunicare, la tendenza all’azione e infine il comportamento vero e proprio, generalmente finalizzato a mantenere o annullare i cambiamenti verificati. Il dato interessante è che più ci allontaniamo dal momento iniziale della percezione e dalla valutazione dell’esperienza e più è difficile fermare la cascata del processo: è come una valanga che più avanza e più può essere distruttiva. Secondo aspetto da sottolineare è quello ai continui feed back che le diverse fasi inviano alle fase precedenti. Facciamo un esempio: la percezione della negatività di un avvenimento tenderà aumentare la sua forza. Oltre a fornirci delle informazioni sul mondo, le emozioni, attraverso il linguaggio verbale e non verbale, permettono di comunicare con noi stessi in una sorta di dialogo interno e con i nostri consimili  partecipando il nostro stato d’animo, come il mondo ci si rappresenta e quali sono le minacce che esso ci prospetta. Le emozioni, contrariamente a quanto ci sembra, non sono uno stato ma piuttosto un processo che cambia nel tempo in modo diverso da emozione ad emozione: ha una sua durata, variabilità, intensità, una propria peculiare modalità di espressione verbale e non verbale, e un suo tipico modo di reazione ad essa: ad esempio nella paura il comportamento correlato sarà  le modalità attacco o fuga. Nel prossimo post vedremo perchè queste conoscenze siano importanti per noi soprattutto in questi giorni difficili.

“L’emozione sorge laddove corpo e mente si incontrano.” E. Tolle

 

 

Flessibilità

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