Di ritorno dal Cammino di Santiago volevo condividere l’esperienza utilizzando, più che le impressioni personali, alcuni incontri avvenuti durante i 130 Km percorsi a piedi in 6 giorni dove ci si incontra continuamente perché le tappe sono più o meno le stesse ma nello stesso tempo ci si perde di vista perché ognuno ha la propria andatura e resistenza alla fatica. Vorrei anche utilizzare le scritte trovate durante il percorso sui muri, i bidoni della spezzatura e sotto i ponti che intersecano il cammino. Queste sono un valore aggiunto e rappresentano, disseminate come sono lungo tutto il cammino, un continuo invito.
In una bellissima piazza al lato della cattedrale dedicata a San Giacomo a Santiago de Compostela c’è una scultura ai cui 4 lati della base della scultura troviamo scritto:
“Camino buscando un sentido
Camino porque tengo un objetivo
Camino recto, camino erguido
Y no pararé hasta alcanzar mi destino”
Cammino cercando un senso, cammino perché ho un obiettivo, cammino dritto in piedi e non mi fermerò fino a raggiungere l’obiettivo/destinazione finale.
Queste parole ben sintetizzano lo spirito di chi fa questa esperienza: si cammina perché si ha una destinazione ben chiara in testa, oppure perché la si sta cercando ma in entrambi i casi si cammina a schiena diritta e con la determinazione di non fermarsi fino al raggiungimento dell’obiettivo: in fondo anche una bella metafora della vita. I versi del poeta spagnolo Machado potrebbero essere di corollario:
Viandante, sono le tue orme
Il cammino e nulla più;
Viandante, non esiste sentiero:
si fa la strada nell’andare.
Nell’andare si segna il sentiero
E, voltando lo sguardo indietro,
si scorge il cammino che mai
si tornerà a percorrere.
Viandante, non esiste sentiero,
solo scie nel mare
Dunque, molte sono le motivazioni di chi fa questo percorso, forse quante sono quelli che lo fanno e tutte rispecchiano in certo qual modo le due poesie citate prima. Quello che è certo che più o meno rapidamente, il cammino costringe a “stare nel momento presente” lasciando futuro e passato dove stanno. Così si incontrano persone ciarliere che camminano insieme che nel giro di pochi giorni diventano silenziose, a cui i discorsi sembrano disturbare.
Cominciamo dalle scritte.
Certamente alcune di queste erano del peggior repertorio dell “urban style”, non tanto perché violente o volgari quanto perché tese solo a lasciare una traccia grafica inutile della propria presenza. Molte altre, però, mi sono sembrate un rimando a scoperte personali, non so se indotte dal Camino, o a inviti ad una riflessione profonda; a volte suggerimenti o domande lasciate aperte. Quasi “messaggi in bottiglia” lasciati a chi viene dopo per far riflettere, sostenere, o comunicare una propria scoperta.
Alcune di queste le ho trovate molto … mindful. Come “tutto quanto arriva deve andare, per imparare e crescere con amore, in armonia con l’universo”oppure ” guarda il presente senza le paure del passato e le aspettative del futuro”. Oltre a quella riportata qui di lato con l’invito al distacco che rappresenta una costante di tutta la mistica sia occidentale che orientale.
In altre è presente una sorta di autoincoraggiamento a tener duro e a continuare il cammino “Fino che il corpo ce la fa”.Altre invece mi sono sembrate illuminanti come “la vita è breve ma larga”, volendo indicare, forse che, pur nella sua brevità, la vita stessa si presenta piene di possibilità.
In altre, ancora, c’è l’invito a cercare la bellezza in ogni cosa, anche nelle oscurità e ad aprire gli occhi con la firma illuminante di “pessimista con speranza”: quasi un ossimoro.
In altre ancora l’invito pressante “Perdonati”, seguito, dopo pochi chilometri da un’altra “Nessun inferno sopra di noi, solo il cielo”. Quasi a voler ricordare che in genere il nostro peggior carnefice siamo noi stessi, sempre così pronti a massacrarci, senza darci quasi mai una possibilità di riscatto.
Il perdono è un tema molto interessante perché se effettivamente praticato comporta necessariamente l’obbligo di riconoscere l’errore commesso. Non si tratta di tattiche autoassolutorie, ma della capacità di guardarsi in faccia e in profondità per poi alla fine perdonarsi, accettandosi.
E veniamo agli incontri.
Come si capirà dai racconti che seguono, una della caratteristiche del cammino, forse la più importante, è quella della profondità degli incontri che si fanno. L’ambiente in cui questi avvengono sembrano fatte per favorire una comunicazione profonda: il disagio del freddo e della pioggia, o, viceversa, il caldo torrido della meseta, la fatica e le gambe pesanti, la paura di non farcela, o ancora, i piedi doloranti per le vesciche che a volte diventano vere e proprie piaghe. Vediamone alcuni.
Forse quello più interessante stato quello con Scott, manager scozzese trapiantato a Berlino. Apparentemente senza una connotazione religiosa specifica, ma con una “missione” quella sì specifica: portare a Santiago una pietra presa dalla tomba del nonno. Questi era un cattolico fervente che mai aveva lasciato la Scozia ma che molte volte aveva parlato al nipote del Cammino di Santiago che avrebbe voluto fare, senza però riuscire a farlo. In un periodo di ferie Scott aveva pensato di rendere omaggio al nonno, cui era molto legato, prendendo una pietra dalla sua tomba e di portarla a Santiago. Zaino in spalla, era partito da Leon per raggiungere dopo 300 km, tutti a piedi, Santiago. Condizioni meteo particolarmente disagiate durante il cammino: dai 30° alla pioggia e al freddo degli ultimi km. Mi hanno colpito la serenità di questo scozzese dalla pelle color carota, e la felicità nonostante le piaghe ai piedi e la stanchezza, per la missione compiuta. Più volte, nel corso di una settimana, ci siamo persi e ritrovati, quasi con la consapevolezza di un’amicizia apparentemente di lunga durata. Pochi momenti di incontro, ma molto significativi. Spesso parlando di altri incontri che ciascuno di noi aveva avuto nel frattempo, come il ricordo di medicazioni per i piedi rovinati condivise fraternamente senza la preoccupazione di restarne senza, o il calore umano delle lunghe tavolate in cui ci si raccontava, in semplicità, pezzi della propria vita o altri incontri. Il tutto quasi in una forma di comunicazione circolare, di continui rimandi alla propria o altrui vita. Forse la migliore e più efficace forma di contestazione del mondo dei social così spesso violenti e vuoti.
Altro incontro con due attiviste irlandesi della lotta ai tumori infantili. Anche qui incontri brevi e un perdersi e ritrovarsi che mi è sembrato una costante generale del Camino. Il loro obiettivo era quello di sensibilizzare attraverso il Camino una cittadina irlandese dove abitavano. Avevano un blog che, giornalmente, aggiornavano con il percorso e gli incontri fatti. Sembravano i “Blues Brother” che dicevano di “essere in missione per conto di Dio” e al pari di questi molto allegri.
IMG_0120. Incontro toccante quello con un chitarrista blues salvadoregno molto bravo, suonatore di strada trapiantato da diversi anni in Spagna. Storie drammatiche di anni terribili vissuti dal suo paese durante la guerra civile. Appena arrivato i Spagna per paura di essere riconosciuto, aveva cominciato a suonare con un travestimento che voleva ricordare i suonatori neri di Jazz degli anni ’20 e ’30. Ottenuto l’asilo politico, aveva mantenuto la sua “divisa” che continua a indossare ancora oggi.
Per concludere, la Messa del Pellegrino. Ogni giorno, si svolge una Messa cui partecipano quanti arrivati nelle ora precedenti a Santiago di Compostela. Originariamente veniva celebrata nella cattedrale, chiusa da alcuni anni per restauro. Diversi di quelli che fanno il cammino sono cattolici, ma questa celebrazione coinvolge tutti anche quelli di altra fede religiosa. Così a questa Messa ho visto partecipare anche un monaco buddhista. Quello che si respira è un clima di profonda condivisione delle difficoltà vissute e superate lungo la strada, una vera e propria comunione di persone, al di là del proprio credo religioso e politico; unite forse da qualcosa di più profondo e concreto. Ho trovato tutto questo molto toccante. Sì, c’è ancora la possibilità di speranza.
E l’anno prossimo si ripete. Perchè l’anno prossimo saremo diversi e forse avremo altre destinazioni da cercare o da raggiungere.