“Ma ha senso ripensare ai Natali dell’infanzia, quando aspettavi fingendo di dormire che venisse mattina? Ha senso ripensare ai Natali della giovinezza,quando si scalpitava aspettando di uscire incontro alla notte e all’abbraccio freddo di dicembre, una sciarpetta e via? Ha senso ripensare ai Natali dei figli piccoli, quando si inscenavano magnificenti messe in scena con tazzine sporche di caffè, biscottini sbriciolati e nonni compiacenti che simulavano gli zoccoli delle renne in balcone? Ma no. Ogni Natale è diverso, restano identiche le palline rosse dell’albero comprate quando eri incinta, qualche ghiacciolo di vetro che ha resistito da quando eri bambina, la voglia di canticchiare fa-la-la-la che non si estingue, le regolari corse al regalo buffo per il gusto di metterlo sotto l’albero, gatti inclusi. La diversità è nelle piccole cose che sogni per l’anno che viene, i progetti da organizzare, i libri da sottoporre a revisione (e quanto lo amo, il momento in cui fai le pulci a te stessa), quelli da leggere, quelli da immaginare, gli amici a cui pensare, i gatti che saltellano con circospezione intorno all’albero senza – incredibile- toccarlo. E il respiro profondo che fai, pensando che quel che conta è, ancora una volta, desiderare e immaginare. Per te, per chi ami, per voi, caro commentarium. Sottraetevi alle polemiche da social, tirate quel respiro, e vogliatevi bene.”
Dato che è Natale e siamo tutti buoni immagino che Loredana Lipperini in quanto vecchia amica (non lei, l’amicizia…) non mi denunci per plagio… Riprendo questo suo post su Facebook, la cosa migliore che ho letto in giro in questo Natale, perché mi permette di fare alcune riflessioni e per rispondere alle sue domande pubblicamente.
Si, ha senso se pensiamo che domani, Natale, ha in sé tutti i Natali della nostra vita. Ci sono tutti gli ultimi 68 Natali che ho vissuto nella sacra rappresentazione che ho fatto alla scuola dei miei nipoti alcuni giorni fa impersonando “il grassone con la barba” (detto da Filippo 4 anni).
Però… c’è un però. Fermiamoci, per un istante, a pensare che le nostre ossa, la parte più “longeva” del nostro corpo, vanno incontro ad un totale ricambio ogni 30 anni e che gli altri organi hanno tempi molto più brevi. Se le cose stanno così allora che senso ha parlare di un sé immutabile, dotato di una sua reale consistenza? E’ quello che gli orientali chiamano l’impermanenza della realtà.
I Natali trascorsi sono passati e certamente non potranno mai più ripresentarsi, ma è come se avesse lasciato dietro di sé più che un profumo, il ricordo di un profumo. Ma è appunto solo il ricordo di cose lontane, che annusiamo forse con un po’ di nostalgia, forse con qualche rimpianto. Un profumo legato solo all’attività di qualche mediatore cerebrale che ci fa sembrare reale e dotato di una sua consistenza il passato: ma è solo la nostra memoria al lavoro. I passati natali sono ormai lontani. Noi non possiamo abitare il ieri, ormai andato; né il domani che ancora non è. Non siamo più quelli di allora e non ancora quelli di domani. Oggi, oggi è il momento presente: il qui e ora che dobbiamo vivere, ed abitare. L’unico che abbiamo. Quello che non tornerà più e che ci chiede con insistenza di essere vissuto senza il falso mito del domani o di un futuro che possiamo immaginare , ma che ancora non ci appartiene e che soprattutto è legato, ancora una volta, al lavoro della nostra mente e dunque solo alle nostre previsioni e aspettative.
Andiamo incontro a questo Natale con l’atteggiamento del bambino (non è forse il Natale la festa dei bambini?) che cammina o va in bicicletta per la prima volta. Adottiamo anche noi la “mente di principiante” la capacità di vivere la vita come se fosse la prima volta, con consapevolezza: il nostro primo Natale.
Auguro a tutti noi di vivere il nostro Natale come se fosse il nostro primo Natale, il primo Natale consapevole della nostra vita.