Programma Autunnale di Mindfulness
Ecco le attività previste per quest’autunno: Roma La Comunicazione consapevole (Riservato Dipendenti Save the Children) Roma 27/11 (Colli Portuensi) Percorso
Abbiamo già visto, in questo stesso sito, come sempre più ricerche abbiano dimostrato la validità degli interventi di Mindfulness (M) nella gestione dello stress. Abbiamo anche visto come tali pratiche determinino modificazioni importanti a livello delle strutture cerebrali e come siano proprio tali cambiamenti alla base dell’accresciuta capacità di far fronte allo stress sia acuto che cronico.
Non deve dunque meravigliare che gli interventi basati sulla M siano stati proposti e utilizzati nelle condizioni più disparate: dalla terapia cognitiva (MBCT e ACT) nel trattamento di disturbi psichiatrici invalidanti come la depressione e il disturbo borderline di personalità alla terapia di supporto nelle tossicodipendenze.
Oltre a questi, uno dei più recenti campi di applicazione è quello della prevenzione del Burnout (B) espressione massima dello stress lavoro correlato (SLC) e nella sezione “stress” abbiamo già abbondantemente discusso i problemi riguardanti questi aspetti e a questa rimandiamo.
Qui vorremmo soprattutto affrontare la domanda “La M funziona nel B e nello SLC?” e soprattutto “perché funziona?” Per rispondere a queste domande utilizzeremo quanto detto a proposito del funzionamento della M focalizzandoci sul B e sullo SLC.
Alla prima domanda “se funziona “possiamo rispondere “certamente si” ed in questo ci vengono in aiuto le sofisticate ricerche sul cervello che sono state portate aventi negli ultimi anni. Esiste una lunga serie di lavori scientifici che, basandosi su raffinate ricerche di neuroimaging, hanno dimostrato gli effetti della mindfulness a livello di diverse strutture cerebrali come amigdala, corteccia prefrontale, insula e corteccia anteriore del cingolo capaci di spiegare la riduzione dello stress e l’aumento benessere percepito. Sulla base di questi lavori diversi autori hanno pubblicato ricerche sugli effetti della mindfulness nella prevenzione dello stress lavoro correlato e del burnout in ambiente medico e infermieristico che sappiamo essere uno degli ambiti lavorativi più colpiti. Molti di questi lavori hanno evidenziato come i programmi basati sulla mindfulness si siano dimostrati capaci di aumentare l’empatia da parte degli operatori, migliorare la capacità di resistenza allo stress, aumentare la percezione dell’autoefficacia, ridurre i sintomi somatici e psichici legati al Burnout e migliorare i punteggi al test di Maslach per la valutazione dello stesso.
Visto che “funziona”, vediamo quali siano gli aspetti salienti della M in rapporto allo stress lavoro correlato.
E’ necessario, ora, partire da una premessa.
Come abbiamo già detto, lo SLC è una sindrome multifattoriale, nel senso che dipende da una serie di fattori solo in parte influenzabili. Pensiamo, ad esempio, alle modificazioni cui è andata incontro negli ultimi anni la nostra società oppure alle caratteristiche del lavoro svolto.
Uno dei principali aspetti nel rapporto tra M e SLC è che questa si rivolge non tanto allo stressor, che è difficilmente modificabile, quanto alla risposta che diamo a quest’ultimo.
Vediamo ora il razionale della M nello SLC.
Per motivi di esposizione abbiamo suddiviso i vari effetti della M per argomenti va però sottolineato come i vari aspetti si integrino e si potenzino. Così una migliore e più puntuale analisi del mio stato interno con l’accresciuta capacità di identificare anche le reazioni corporee permetterà di avere anche una più chiara visione di quali siano le mie reazioni allo stress; la defusione dai pensieri avrà un’azione sinergica con il miglioramento dello stato emotivo e una ridotta vulnerabilità agli stati emotivi quali ansia e depressione.
Abbiamo visto come l’esaurimento emotivo sia una dei campanelli d’allarme di questa sindrome: rabbia, tristezza fino alla vera e propria depressione. La M, come abbiamo visto, è un vero e proprio stabilizzatore emotivo agendo, tra le altre cose, sul rimugginio e sulla percezione di una ridotta realizzazione personale.
Non solo, ma la M, lavorando sulla consapevolezza del momento presente, permette anche una più puntuale analisi del proprio stato interno, qui e ora, con i miei pensieri, sensazioni ed emozioni.
Tutto questo può permettere una migliore padronanza, “mastery” com’è chiamata in inglese, del nostro stato emotivo capace di farci capire cosa ci turba, perché ci turba e cosa succede in relazione a questo a livello corporeo (tensione muscolare, disturbi del sonno, etc.) e dunque ci permette di avere una visione più precisa e chiara di quello che ci succede.
Questo effetto riverbera anche in altri ambiti come la defusione sui pensieri e la maggiore consapevolezza del proprio stato corporeo (vedi ai punti successivi)
Con questi termini intendiamo l’effetto della M su un fenomeno piuttosto comune anche nelle persone che non presentano alcun disturbo psicologico o da stress.
Come abbiamo già visto, tutti noi nella vita di tutti giorni tendiamo a identificarci con i nostri pensieri, dimenticandoci che sono un prodotto della mente, che sono, a volte, proprio la causa del nostro malessere. La M, proprio permettendo una puntuale analisi di pensieri, emozioni e sensazioni determina la capacità di vedere le proprie idee, non come “Realtà” assoluta ma come un prodotto della mente che può essere sottoposta a critica e analisi arrivando alla conclusione che “questi pensieri non sono me”. L’equazione del depresso o della persona con B: senso d’inadeguatezza=scarso valore personale, può essere dunque sottoposta a verifica nel momento in cui riesco a percepire che questo pensiero è il frutto di attività di una mente forse influenzata anche da episodi avvenuti in un lontano passato. Un altro aspetto, su cui mi preme porre l’accento è quello relativo al rapporto tra disidentificazione dei pensieri e la possibilità di nuove alternative comportamentali. Nel momento in cui riesco a “sganciarmi” dalla gabbia rigida dei pensieri si aprono nuove possibilità di scelta. Se, infatti, non m’identifico più con i miei pensieri, se questi non sono più un nucleo rigido che faccio coincidere con la mia personalità, allora sarò libero di mettere in atto dei cambiamenti a livello degli stessi pensieri, e di scelte che consideravo immutabili. In sostanza si apriranno maggiori spazi di libertà.
Uno degli effetti, confermati a livello scientifico, è la maggior accettazione di se stessi e quella che è stata definita autocompassione. Si assiste così a una “pacificazione”, non solo con le precedenti esperienze di vita negative permettendo una loro accettazione, ma anche una pacificazione con gli altri. La pratica della M, centrandoci sul momento presente, permette di mettere una distanza, di poter vedere in prospettiva anche le precedenti esperienze senza negarle. Nelle pratiche di consapevolezza, le esperienze negative, i traumi riaffiorano spesso alla coscienza e vengono profondamente visti e “sanati”. Non si tratta, dunque, di usare delle forme di “autoassoluzione”, quanto piuttosto di vedere le cose in una più corretta prospettiva.
Defusione dai pensieri, maggiore accettazione, minor minaccia percepita nelle relazioni con gli altri porteranno ad un maggior equilibrio tra attivazione e riduzione della risposta comportamentale messa in atto.
Come abbiamo visto a proposito della ridotta vulnerabilità, la M. agisce utilizzando l’osservazione del corpo, permettendo un’identificazione del suo stato. Ci accorgeremo, allora, più facilmente degli effetti delle emozioni sul corpo quali tensione muscolare, accelerazione della frequenza cardiaca, disturbi del sonno permettendoci di identificare la successione pensieri emozioni sensazioni. Permetterà, infine, un monitoraggio dello stato emotivo, delle mie condizioni generali dando la possibilità di accertare quali sono le situazioni che più sono in grado di provocare degli effetti sul corpo e sulla mente.
La M permette una visione più ampia della realtà: è come se riuscissimo a tenere in considerazione anche aspetti che prima ci sfuggivano. Tutto questo ci permette di mettere in campo strategie, nuove, diverse e più efficaci, per affrontare gli aspetti problematici della nostra vita.
Strettamente conseguente al punto precedente è l’aspetto riguardante il bilanciamento tra modalità del fare e dell’essere di cui abbiamo già parlato in altra sede. Possiamo evitare, inoltre, comportamenti rigidi e disfunzionali che sono il risultato di vecchi atteggiamenti ed esperienze non più in grado di risolvere i nostri problemi. Possiamo evitare di utilizzare degli schemi di comportamento “vecchi” per problemi nuovi. Possiamo sentire, allora, la libertà di scegliere condotte più aderenti alle nuove situazioni. Avendo più libertà di scelta e maggiori opzioni di comportamento, possiamo scegliere di rispondere e non di reagire in modo automatico e rigido alle situazioni stressanti uscendo da una reattività capace, di per se stessa, di aumentare lo stress.
L’insieme di questi vari aspetti che siamo venuti tratteggiando sarà in grado di determinare un maggiore controllo interno e comportamentale. E’ in fondo la capacità che gli anglosassoni chiamano “mastery”: quella di padroneggiare le situazioni, a volte dolorose, cui la vita ci sottopone.
Ho dedicato la mia vita professionale alla medicina con un profondo impegno verso la mindfulness. Credo fermamente che la consapevolezza del momento presente sia fondamentale non solo per il benessere dei miei pazienti, ma anche per migliorare la qualità delle cure che offro.
Ecco le attività previste per quest’autunno: Roma La Comunicazione consapevole (Riservato Dipendenti Save the Children) Roma 27/11 (Colli Portuensi) Percorso