C’è una notizia che mi ha molto divertito e che ho trovato interessante per alcuni risvolti della vicenda: le streghe di tutto il mondo, e i cultori di magia nera, hanno deciso di unirsi per lanciare un maleficio contro Trump. Come riferito, infatti, dall’Huffington Post in data 24/02 sarebbe in atto un “reclutamento” di streghe, maghi, fattucchiere e stregoni apprendisti o meno, che a date precise manderanno il seguente invito a spiriti non meglio precisati “Vi invoco per incatenare Donald Trump, in modo che fallisca miseramente cosicché non faccia del male a nessuna anima umana, a nessun albero, animale, roccia, fiume o mare. Fermatelo in modo che non distrugga la nostra politica, non usurpi la nostra libertà o riempia le nostre menti di odio, confusione, paura e disperazione. E fermate anche chiunque condivida la sua cattiveria e qualunque bocca ripeta le sue bugie velenose”. Dunque una maledizione in piena regola allargata anche a tutti quelli che, a vario titolo, lo seguono: sodali di partito, supporters e amici. La cosa interessante è che il sito christiannationalism.org, portale cristiano (?) di stampo fondamentalista ha preso la cosa talmente sul serio da indire delle veglie di preghiera per contrastare il maleficio. Evidentemente per loro solo Trump può fare l’America “great again” combattendo, con le sue ricette, l’Islam, la mancanza di lavoro, e la crisi economica.
Al di là del lato comico e folcloristico di streghe impegnate in un Sabba multimediale e “social” c’è in tutto questo un lato antico come il mondo: quello di portare all’esterno sia il problema, in questo caso il male incarnato da Trump, sia la soluzione, l’intervento di non meglio specificati dei e spiriti.
Ma questo è lo stesso meccanismo che attiviamo spesso nella nostra vita di tutti i giorni, non solo nella politica. Trump, che per alcuni rappresenta “il” problema per altri è “la” soluzione. Così all’interno delle relazioni affettive, una rottura più essere vista da alcuni come il problema mentre per altri è la soluzione. Già questo ci conferma il fatto che la realtà, come dato assoluto e per tutti incontrovertibile, evidentemente non esiste e, dunque, c’è la necessità di chiarire e di relativizzare il singolo fatto. C’è la necessità di verificare quanto anche noi siamo parte del problema e della soluzione. Pensiamo al problema dell’immigrazione. Per alcuni è se non la causa della crisi economica e sociale delle nostre società almeno una componente importante mentre per altri può rappresentare un fenomeno che può contribuire, ad esempio, al mantenimento del welfare di una società con bassissima natalità. Ma aldilà di queste valutazioni, il pensare che la crisi della società sia legata al fenomeno dell’immigrazione, degli extracomunitari o, peggio, dell’Islam vuol dire spostare il fuoco del problema e, dunque anche della soluzione, all’esterno, magari in qualche salvatore della Patria. Ora che il mondo, gli altri siano i soli responsabili dei problemi che ci troviamo a vivere ci permette di restare fuori da ogni responsabilità; ma nello stesso tempo anche da ogni soluzione.
E’ una strategia che si basa, sintetizzando, su proiezione e spostamento; meccanismi psicologici in base ai quali spostiamo all’esterno o proiettiamo su una persona, un gruppo o ambiente caratteristiche che noi riteniamo inaccettabili o, più in generale, “cattive” che abitano dentro di noi. Questo meccanismo ha, conseguentemente, la necessità si spostare all’esterno anche le possibilità di soluzione. Se il problema sta fuori anche la soluzione va cercata all’esterno, nell’intervento degli spiriti di turno che dovrebbero risolvere il problema per noi. Ben vengano in quest’ottica le maledizioni e gli incantesimi per “incatenare” la causa dei nostri problemi. Se il problema sta fuori di me e la soluzione ugualmente sta fuori di me, di conseguenza io non ho responsabilità, non mi viene chiesto un intervento diretto e, dunque, non ho colpe. Strategia che da una parte ci impedisce e ci evita di sottoporre a critica quanto dei nostri atteggiamenti è parte del problema e dall’altra ci nega sostanzialmente la possibilità di intervenire, attraverso questa presa di coscienza, su di essi. Comoda strategia autoassolutoria, ma certamente poco sana psicologicamente e sicuramente di corto respiro.
Rendersi conto e accettare il male come realtà esistente ci permetterà di verificare che, come dice Jung più avanti, “quel che vogliamo resta nelle nostre mani” e noi siamo soprattutto anche la soluzione del problema.
«Tu soffri a causa del male, perché segretamente lo ami, senza esserne consapevole dinanzi ai tuoi occhi. Vorresti sfuggirlo e cominci a odiarlo. E ancora una volta resti legato al male dal tuo odio perché, sia che tu lo ami sia che lo odi, per te è lo stesso: sei legato al male. Il male va accettato. Quel che vogliamo, rimane nelle nostre mani. Ciò che non vogliamo, ma che è più forte di noi, ci trascina con sé e noi non possiamo fermarlo, senza recar danno. La nostra forza resta infatti incatenata al male. Dunque dobbiamo accettare il nostro male, senza amore né odio, riconoscendo che esso esiste e che deve avere la sua parte nella vita. In questo modo gli togliamo la forza di sopraffarci.»
(C. G. Jung – Libro Rosso)